
09 Apr La storia degli Escape Room, dal Giappone all’Italia
Gli anime sono da sempre, insieme ai loro “padri putativi” manga, una delle più grandi passioni dei giovani giapponesi. Un amore peraltro ormai da generazioni pienamente condiviso dai coetanei europei.
Proprio dalla fantasia di uno dei più celebri disegnatori e disegnatori di anime, Takao Kato, è scaturita l’idea di diffondere nel 2008 le prime escape room (chiamate “Riaru dasshutsu ge”, gioco reale di fuga) in bar e locali, riempiti di volta in volta di oggetti e indizi. I giocatori erano divisi in squadre e chiamati a capire quali fossero gli enigmi e a risolverli. La ricompensa erano altri indizi e altri oggetti utili a svelare misteri su misteri. Kato ha più volte ricondotto la scelta di creare un gioco di questo tipo alla sua voglia di ragazzino di provare in prima persona le avventure dei romanzi e dei manga.
Negli anni a seguire, l’etichetta SCRAP di Takao Kato ha organizzato altre escape room a Pechino, Shangai e Singapore, arrivando nel 2012 a cifre da capogiro: oltre 2300 sessioni di gioco, più di diecimila giocatori coinvolti. Un successo che spinse un amico di Takao, Kazuya Iwata, ad aprire la Real Escape Game a San Francisco, realtà che ricevette seimila visitatori nel primo anno di vita.
Di lì a poco il gioco si diffuse in tutti gli Stati Uniti, da Las Vegas a New York, fino a giungere in Australia e in Europa, dove però si era già registrata una struttura simile nel 2011, a Budapest: Attila Gyurkovics afferma di averla creata indipendentemente basandosi sulla propria esperienza di personal trainer e senza aver prima conosciuto il gioco originale. Il grande successo del gioco spinse per primi gli asiatici ad aprire le prime escape room permanenti in luoghi fissi.
Dal 2015 il gioco ha preso piede anche in Italia, partendo da Torino per arrivare al Mezzogiorno. Oggi sono più di tremila le escape room nel mondo, allestite nei modi più disparati, pronte a far divertire famiglie, amici e colleghi.
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